Home Approfondimenti culturali La chiesa parrocchiale Chiesa parrocchiale di S. Maria del Monte Carmelo in Via Napoli, Bari

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Chiesa parrocchiale di S. Maria del Monte Carmelo in Via Napoli, Bari PDF Stampa E-mail
Scritto da Administrator   
Domenica 04 Dicembre 2011 15:41

Nel dicembre del 1953, l’Arcivescovo di Bari Enrico Nicodemo conferì all’arch. Enrico Del Debbio di Roma l’incarico per la progettazione della nuova chiesa parrocchiale di S. Maria del Monte Carmelo e S. Teresa di Gesù Bambino, affidata alla cura dei Padri Carmelitani Scalzi. La realizzazione del nuovo complesso religioso si inseriva nel piano di costruzione, con il concorso dello Stato, di nuove case canoniche in Italia a seguito della Legge N° 2522 del 1952.

 

In un documento datato 22 aprile 1954 il progettista, uno dei pochi architetti “forestieri” ad operare allora nel capoluogo pugliese, chiariva gli aspetti principali della sua opera ponendo in evidenza il ricorso nella composizione architettonica a forme geometriche essenziali, “pure e schiette”, che consentissero di armonizzare tra loro la nuova costruzione ed il preesistente convento carmelitano con annessa cappella.

Per il nuovo edificio liturgico, capace di accogliere al suo interno sino a 2000 fedeli su di una superficie di circa 700 mq, Del Debbio adottò la tipologia dell’aula unica, posizionando il coro come elemento di raccordo e cerniera con il convento esistente. Il complesso si articola armonicamente in un insieme di altri elementi significativi in modo da rendere completamente autonomi gli spazi riservati al culto (la chiesa, il battistero, il campanile, il sagrato, le aule per il catechismo), da quelli destinati ad attività sociali (il teatro, il gioco, la ricreazione all’aperto). L’intervento, così come scrive lo stesso progettista, aveva come obiettivo quello di “creare una composizione ambientale di impostazione tradizionale ove Chiesa, Battistero e Campanile fossero tra loro accordati in un unico spazio e determinassero un centro di maggior rilievo nel quartiere a carattere periferico”.

Su queste premesse si basa tutta la composizione urbana del complesso parrocchiale. Le singole parti sono isolate tra loro, ma in stretta relazione geometrica, al fine di “disegnare” una conformazione planimetrica capace di distinguere questo intervento come uno spazio pubblico e di aggregazione facilmente riconoscibile nel quartiere, che per Del Debbio diviene il terreno fertile su cui approfondire i legami tra il sacro e la città.

L’aula liturgica ha una conformazione planimetrica ottagonale, allungata, simmetrica, stellare. Nell’intento del progettista vi è una chiaro riferimento formale “all’arca del salvamento, che accoglie i fedeli e al di sopra dei quali rifulge il simbolo più alto del Sacrificio Divino: la Croce”, chiaramente visibile nel disegno delle travature principali a sostegno della copertura. La chiesa, per via della duplice dedicazione, è priva di una vera e propria facciata principale ed è per questo che risulta provvista di due portali di ingresso che formano tra loro un angolo di 90°.

Il battistero è collocato sul lato esterno destro dell’aula liturgica e si configura geometricamente come un cubo ruotato a 45° rispetto all’asse longitudinale della chiesa e recintato da due lunghe ali murarie che si raccordano armonicamente ed in prosecuzione geometrica della facciata longitudinale della chiesa. Lo spazio triangolare che si viene a determinare ed entro cui è collocato il battistero appare dunque generato per gemmazione dallo spazio interno della chiesa e l’accesso avviene mediante due portali collocati sull’estremità destra del suo asse trasversale.

In origine il cubo del battistero era delimitato da superfici vetrate che si rispecchiavano in quelle dei portali di accesso laterale alla chiesa al fine di ottenere una permeabilità visiva tra le due parti ed una percezione simultanea delle diverse situazioni spaziali che si determinano nei due ambienti. Il rimando visivo ottenuto attraverso la trasparenza delle superfici era l’espediente necessario a ricostituire l’unitarietà degli spazi che secondo il progettista doveva portare a percepire che “il fonte battesimale sembrasse entro la Chiesa stessa” assolvendo la sua funzione propedeutica per l’accesso al tempio dei neofiti. La scelta di adottare questa soluzione compositiva risiedono nella volontà del progettista di:

  • isolare il fonte battesimale dalla chiesa per non invaderne lo spazio;
  • non frantumare l’unitarietà del sagrato, ponendo il fonte battesimale prima dell’ingresso al tempio secondo la tradizione classica delle antiche basiliche cristiane;
  • dare dinamismo alla rigida regolarità degli spazi definiti dalla chiesa e dal convento preesistente.

A metà degli anni ’90 la trasformazione del battistero in cappella destinata alle celebrazioni nei giorni feriali e la collocazione di vetrate artistiche sui portali laterali della chiesa, ha definitivamente annullato il rapporto di reciproca interazione visiva tra questi due ambienti un tempo destinati a funzioni liturgiche diverse.

Il campanile, l’elemento più rappresentativo del complesso e punto di riferimento visivo nello skyline di questa porzione di città, è collocato in posizione isolata rispetto alla chiesa, in corrispondenza dell’incrocio fra Via Napoli (l’arteria di accesso al centro della città per chi proviene da nord) e Via Brigata Regina (lo sbocco della città al mare nella zona di Marisabella) così da definire un segno preciso ed un rapporto primario con la gente del quartiere. Esso risulta allineato con il fronte dei due ingressi principali ed è posto lungo la diagonale che unisce il suo centro con quello del battistero rispetto al quale risulta orientato di 45°. Contrariamente ai modelli offerti dalla tradizione questo campanile risulta svuotato nella parte basamentale mediante ampi portali, così da offrire allo sguardo dei passanti la possibilità di osservare lo spazio al suo interno da più angolazioni, in particolare la scala elicoidale di accesso alla torre campanaria (elemento al tempo stesso funzionale e motivo di dinamico preziosismo formale appoggiata sulla crociera di controventamento dei piloni di sostegno) e la passerella di collegamento che collega il campanile al blocco delle aule parrocchiali per il catechismo.

La forma geometrica del campanile è riconducibile a quella di una piramide a base quadrata alla quale sono stati asportati mediante piani di sezione verticali ruotati di 45° i triedri di base. Impostato dunque su base quadrata, il campanile appare svilupparsi in altezza attraverso successive rotazioni geometriche a 45° delle sezioni orizzontali. Tale elemento assume la funzione di snodo spaziale e punto di convergenza di assi ideali che sovrintendono alla composizione geometrica ed architettonico dell’intero complesso parrocchiale, al punto di divenire elemento dai forti connotati urbani, scenografici, simbolici ed umani.

Un chiodo, la punta di una matita che fuoriesce dal suolo, un missile pronto a perdersi nel cielo…sono queste le immagini che da sempre il campanile della Chiesa dei Carmelitani Scalzi di Bari evoca nell’immaginario della gente, per il suo essere elemento dal forte impatto visivo e pertanto anche estremamente controverso.

Separati tra loro fisicamente gli oggetti architettonici che compongono il complesso parrocchiale sono ricomposti unitariamente attraverso un sistema di coordinate che orientano le figure nell’ambiente  attraverso la regolarità geometrica delle forme e dei tracciati, attraverso la percezione diagonale e la trasparenza che consente la percezione simultanea degli spazi da più punti di vista.

L’ampio sagrato  si configura come elemento unificante tra le singole parti assolvendo alla funzione propria delle piazze cittadine, luogo aperto di incontro tra le persone, in questo caso laici e conventuali, in cui lo spazio sacro e lo spazio laico possono essere parte attiva nella vita di tutti.

Sul piano tecnico costruttivo l’opera nasce dalla convinzione di Del Debbio che ogni forma geometrica contenga in se anche l’aspetto strutturale e tecnico. In sintonia con il suo carattere simbolico di “volume monolitico” la chiesa è stata pensata strutturalmente in cemento armato,con la maglia dei costoloni annodati in forma stellare nella volta di copertura (realizzata con un rivestimento leggero in lastre di alluminio anodizzato) e raccordati alle murature di tamponamento a doppia parete.

Fatta eccezione del campanile, volutamente caratterizzato dal “brutalismo” del cemento armato a vista, la chiesa e il battistero vennero concepiti, come risulta evidente dai disegni del progettista, per essere rivestiti nella parte basamentale di lastre di pietra chiara di Puglia e nella parte superiore come massa muraria intonacata “di intonazione umile monastica”. Materiali più preziosi (marmo, pietra, bronzo) sono riservati ai portali, alla fonte battesimale, al pulpito, alle acquasantiere, agli altari ed in particolare quello maggiore dedicato alla Vergine dove l’uso di metalli simili all’oro, argenti e cristalli dovevano fare apparire il tutto come una “gemma preziosissima”. Le grandi finestrature della chiesa e del coro sono caratterizzate da vetrate colorate per ottenere una luminosità interna particolarmente viva.

La realizzazione del complesso dura 4 anni (1954-1958) e per motivi economici la Curia arcivescovile intendeva sviluppare in proprio il progetto esecutivo. Del Debbio, tuttavia, riuscì comunque a conservare l’incarico dello sviluppo e perfezionamento dell’opera nella progettazione esecutiva e nella direzione artistica. Particolarmente sofferta fu la decisione di rivedere, sempre a causa delle ristrettezze economiche avanzate dall’impresa esecutrice, il sistema costruttivo della copertura che nella sua versione finale risulta costituita da un’ossatura portante metallica in sostituzione di quella prevista e coerentemente calcolata in cemento armato. Tale scelta tecnico costruttiva non sembra, tuttavia, snaturare l’opera così come fu spazialmente concepita e come appare osservando gli elaborati grafici di studio del progettista.

Con la chiesa dei Carmelitani Scalzi di Bari, Enrico Del Debbio ha certamente sfidato il gusto del pubblico del suo tempo, rompendo alcuni canoni della cultura architettonica ecclesiastica, scuotendo con la misura della modernità delle sue geometria la liturgia, i suoi spazi e le sue forme.

 

ing. Antonio Verrastro

 
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