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Indice
Il Mistero pasquale: uno squarcio illuminato dalla fiamma dell’amore -- Rilettura trinitaria del Mistero pasquale alla scuola di san Giovanni della Croce
1. La consegna della Trinità nella croce di Gesù Cristo
2. La Risurrezione: rivelazione del costante amore trinitario
3. L’amore non sta mai ozioso (F 1,8)
Conclusione
Tutte le pagine


2. La Risurrezione: rivelazione del costante amore trinitario

 

Nei discepoli, nei mistici e in tutti i credenti, la Risurrezione fu ed è un fatto prima di essere una confessione esplicita della fede. All’inizio fu l’esperienza di un incontro: Gesù si mostra vivo alle donne (Mc 15,40-41); ai discepoli impauriti e fuggitivi (Mc 14,27.50); ai dissidenti che abbandonano Gerusalemme per tornare ad Emmaus (Lc 24,13-43). Tra la “notte” del venerdì e l’alba della domenica succede qualcosa di straordinario nella vita dei discepoli, qualcosa di talmente impressionante che cambia la paura (Gv 20,19) in coraggio, gioia, pace, slancio missionario (At 4,18-22).

Chiediamoci, perché l’incontro con il Risorto cambia così profondamente la vita dei discepoli? La risposta è possibile solo se ci apriamo, con loro, all’approfondimento trinitario degli avvenimenti pasquali. La risurrezione e la croce, momenti della storia di Gesù di Nazaret, si comprendono come atti nei quali intervenne su di Lui e per Lui “il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, il Dio dei nostri padri” (At 3,13a), che “ha glorificato il suo servo Gesù” (At 3,13b), “nato dalla stirpe di Davide come uomo, costituito Figlio di Dio con potenza secondo lo Spirito di santificazione mediante la risurrezione dai morti” (Rm 1,3-4). Questa azione del Padre e la sua iniziativa nello Spirito, sono fondamento sia della continuità nella discontinuità tra il Crocefisso e il Risorto, come pure della continuità nella discontinuità, che deriva da questa, tra gli “uomini vecchi” e paurosi che rinnegano Cristo (Gv 18,15-18.25-27), che “tristi” (Lc 24,17) tornano alle attività di prima, e gli “uomini nuovi” che, con gioia e parresia (At 4,29.31), rendono testimonianza con il proprio sangue.

Le narrazioni di origine catechetica (At 2,36; 10,36; Rm 1,3-5; 1 Cor 12,3; 15,3-8; 2 Cor 4,5; Lc 24,34; Gv 2,22) e liturgica (Fil 2,6-11; Ef 5,14; 1 Tm 3,16) che narrano le due tappe della storia pasquale, l’umiliazione e l’esaltazione, come percorso realizzato da un unico soggetto, non solo mostrano la relazione del Crocifisso con il Risorto, della Croce con la Risurrezione, ma evidenziano anche l’evento dell’unica storia trinitaria di Dio che si fa storia di salvezza e ricapitolazione in Cristo.

2.1. La resurrezione è il grande “si” che il Dio della vita pronuncia sull’Unigenito Figlio e, in lui, sopra ciascuno di noi poiché “Dio lo ha innalzato con la sua destra facendolo capo e salvatore, per dare ad Israele conversione e perdono dei peccati” (At 5,31). Per questo l’annunzio capace di dare senso ai nostri giorni e alle nostre opere è il seguente: “Cristo è risorto dai morti, primizia di quelli che si sono addormentati” (1 Cor 15,20). Nella resurrezione il Padre rivela il suo amore ed opera come Creatore, facendo  culminare la sua azione creatrice con la resurrezione (1 Cor 15,3).

2.2. Nella resurrezione il Cristo risorto non solo rivela l’iniziativa del Padre, ma prende attiva posizione rispetto alla sua storia e a quella degli uomini, come attesta la più antica tradizione neotestamentaria: “Cristo è risorto” (Mc 16,6; Mt 27,64; 28,6; Lc 24,6.34; 1Ts 4,14; 1 Cor 15,3-5; Rm 8,34; Gv 21,14). Questo suo ruolo attivo nell’avvenimento pasquale non contraddice l’iniziativa del Padre (Rm 6,4); infatti, se all’estrema obbedienza del Figlio corrispondeva il lasciarsi resuscitare dal Padre, allo steso modo, in forma non meno reale, corrisponde che “come il Padre ha la vita in se stesso, così anche al Figlio ha dato di avere la vita in se stesso” (Gv 5,26). Questa correlazione tra la libertà del Padre di risuscitare il Figlio e la libertà del Figlio di mostrarsi vivo viene raccolta da una delle formule kerygmatiche più antiche: “Il Signore è veramente risorto ed è apparso a Simone” (Lc 24,34; 1 Cor 15,3b-5).

Nel mostrarsi dell’abbandonato, del blasfemo e rivoluzionario, la vita vince la morte e il vinto è ora il Signore della vita (Rm 5,12-7,25).

2.3. La resurrezione è anche rivelazione dello Spirito, dato che Cristo, nato dalla stirpe di Davide secondo la carne, è stato “costituito Figlio di Dio con potenza, secondo lo Spirito di santità mediante la risurrezione dai morti” (Rm 1,3-4), “consegnato alla morte nella carne è stato vivificato nello Spirito” (1 Pt 3,18).

Nell’esperienza pasquale, lo Spirito viene dato per mezzo del Padre al Figlio perché l’Umiliato venga esaltato e il Crocefisso viva la vita nuova del Risorto; ma è anche lo stesso Spirito che Gesù dona secondo la sua promessa: “lo ha effuso (lo Spirito), come voi ora vedete e udite” (At 2,33.38; 1,4-5; Lc 24,49; Gv 14,16; 15,26; 16,7.13-14).

Lo Spirito si rivela nel fatto pasquale in quanto costituisce il doppio vincolo tra Dio e Cristo, tra il Risorto e noi. E’ lo Spirito che unisce il Padre con il Figlio, resuscitando Gesù dai morti, ed è lo stesso Spirito che unisce gli uomini con il Risorto riversandosi nei nostri cuori (Rm 5,5), facendoci vivere una vita nuova, non più sotto la legge ma secondo lo Spirito (Rm 8,1-17).

 



Ultimo aggiornamento Sabato 17 Marzo 2012 15:12
 
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